Care amiche lettrici, care amici lettori, prima di svelarvi quale sarà la città del mese, vorrei cogliere l’occasione per augurare un felice 2019 a Giulia, Giorgia e a tutti i followers della Doppia G Blog!

Come prima scelta dell’anno, ho pensato ad una meta “classica” una città che sicuramente moltissimi di voi avranno visitato e amato: Parigi.

Parigi d’inverno: l’atmosfera più romantica del mondo

Credo che non ci sia un’atmosfera più romanica della ville lumière in inverno, con i caratteristici tetti  grigi, spolverati da una sottile coltre di neve e il cielo plumbeo, che si sposa meravigliosamente con il colore dell’ardesia.

Conosco Parigi molto bene, essendoci stata almeno una decina di volte, ma ogni soggiorno nella capitale francese è un po’ come se fosse il primo. Parigi non smette mai di incantarmi e rimango sempre stordita dalla sua bellezza opulenta, dallo stile di vita dei suoi abitanti e dalla storia che si respira in questo luogo magico. La letteratura dedicata a Parigi è naturalmente molto vasta e tanti, anzi tantissimi, sono i libri ambientati nella métropole francese.

Un libro prima di un viaggio: un’ottima alternativa alle guide per immergersi nell’atmosfera giusta

Nella rubrica “I libri di Laura”, ci terrei molto a ribadirlo, non intendo elencare una serie di guide turistiche e testi che parlano di una città per questo è sufficiente una piccola ricerca su Google; piuttosto, mi interessa concentrarmi su un singolo libro, che ritengo capace di trasmettere l’atmosfera del luogo in cui si svolge.
Quando programmo un viaggio, una cosa che faccio sempre è quella di leggere almeno un libro ambientato nel posto che mi sto accingendo a visitare. Naturalmente, non manco di consultare una guida (ormai quasi sempre online, altrimenti mi affido alle ottime guide cartacee della Lonely Planet) per informarmi sulla storia della città e i monumenti principali; tuttavia, ritengo che leggere un romanzo sia utile per stimolare la curiosità e per aiutarci ad entrare nel mood giusto; serve per capire che una città, oltre che un contenitore di elementi architettonici, è soprattutto un insieme pulsante di persone, i suoi abitanti, ognuno con una storia da raccontare.

Caroline Vermalle: dentro la fiabesca Parigi.

Mi è sembrato che il romanzo “La felicità delle piccole cose” di Caroline Vermalle, che ho letto recentemente, potesse essere un buon candidato per immergersi nell’atmosfera fiabesca di una Parigi invernale.

Il protagonista e la passione dell’arte

Frédéric, il protagonista, è un giovane e aitante avvocato, amante della bellezza in ogni sua forma, dall’arte alla sua bellissima ex-fidanzata e modella per Vogue. Quando l’acquisto di un quadro di Sisley lo porta sull’orlo della bancarotta, Frédéric sembra non trovare altra via d’uscita se non quella di vendere gli oggetti che possiede e sperare nell’aiuto di un cliente facoltoso.

“Frédéric aspettò che la sua assistente scendesse le scale ed entrò in casa. Fece i pochi passi che lo separavano dalla consolle e posò le chiavi. Poi lo vide. Il suo piccolo dipinto era applicato timidamente alla parete – un grigio paesaggio innevato, quieto e poetico. Frédéric si accovacciò sul parquet per guardarlo da vicino. Esaminò attentamente ogni singola pennellata. Fu tentato di sfiorare la tela con le dita, ma la sua mano si bloccò a mezz’aria come un aquilone contro lo spicchiò di cielo che un uomo aveva osservato in un giorno d’inverno di centocinquant’anni fa. Ora quel cielo apparteneva solo a Frédéric.

La svolta avviene quando Frédéric riceve, inaspettatamente, una misteriosa eredità. Uno sconosciuto, un tale Fabrice Nile, gli ha lasciato quattro biglietti e quella che sembra essere la mappa di un tesoro. Tutti gli indizi sembrano portare verso i pittori impressionisti e Frédéric, che da tutta la vita sogna di possedere un Monet autentico, si lascia coinvolgere in un’appassionante ricerca.

Al centro dello studio ingombro di pratiche e di fascicoli, i due uomini erano chini su una normalissima scatola di cartone. Conteneva quattro biglietti: uno per un viaggio in treno, uno per una gita in barca, uno per entrare al giardino di Giverny e uno per visitare il Musé d’Orsay. Ogni biglietto era stato prenotato per dicembre. C’era anche un tubo di plastica con dentro un foglio di carta in formato A3. Il foglio era ricoperto di schizzi e minuscoli disegni a china nera. Sul fondo scuro risaltava una linea rossa, serpeggiava tra gli arabeschi è terminava in un punto, rosso anche quello, simile a una croce. Né il notaio né Frédéric avevano intenzione di apparire ridicoli, quindi tacquero. Se fossero rimasti un po’ bambini, avrebbero gridato: “ Evviva, una mappa del tesoro!” Ma siccome erano entrambi adulti, rimasero in silenzio.

Il mistero del padre di Frédéric

Nel frattempo, la venticinquenne Pétronille, assunta da poco come assistente personale dell’affascinante legale e incaricata di far luce sullo strano lascito, scopre che Fabrice Nile è in realtà un amico di Ernest Villiers, il padre di Frédéric, il quale giace morente all’ospedale della Pontoise.

Attraverso una serie flashback, che ci portano alla notte di Natale del 1979, quando Frédéric era ancora bambino, scopriamo che il padre, progettista di calendari, è stato incarcerato, per un crimine che non viene specificato, lasciando il figlio solo, con tanti dubbi e tante domande. L’unico modo che Frederic trova per proteggersi dal trauma subito è quello di impegnarsi nello studio e nel lavoro, senza mai fare domande su ciò che è successo al padre, arrivando perfino a rimandare al mittente una lettera che questi gli spedirà, molti anni dopo.

Fréderic si butta a capofitto nella caccia al tesoro, senza sapere che il gioco è in realtà un percorso, che lo porterà a fare i conti con il passato e a scoprire la verità che si cela dietro l’allontanamento del genitore.
Durante le ricerche, il giovane incontrerà una serie di personaggi, tra cui l’arabo claudicante Jamel, membro adottivo di quella che si rivelerà essere una “famiglia” molto particolare. Jamel, uomo molto profondo e riflessivo, aiuterà Frédéric a scavare a fondo nei ricordi e a capire come trovare la “felicità nelle piccole cose”.

Parigi e la sua arte nel romanzo di Vermalle

Sullo sfondo del racconto, Parigi diventa una protagonista bellissima e silenziosa, un luogo incantato, dove ogni piccolo miracolo quotidiano sembra diventare possibile.

Certa gente è proprio fortunata” disse Dorothée sospirando. “Guarda che vista…” Notre-Dame, il Panthéon, la Tour Montparnasse, La Tour Eiffel, i simboli di Parigi conosciuti in tutto mondo, così come si vedevano sulle cartoline vendute sulle rive della Senna. Sospirò anche Pétronille. L’immagine della Tour Eiffel le dava sempre un brivido lungo la schiena. No,non era un brivido, piuttosto un leggerissimo soffio, il battito d’ali di un uccello che si alza in volo. E contemporaneamente balenava il ricordo improvviso di un istante passeggero: la felicità delle piccole cose. Se avesse potuto, Pétronille ne avrebbe riempito una bottiglia e l’avrebbe conservata a casa sua, laggiù, in una delle centinaia di strade buie che attraversavano la cotta, dove dalla finestra si vedevano solo altre finestre. Lì, invece, nel grande appartamento fra i tetti grigi, che la neve tingeva a poco a poco di bianco era diverso, bastava fermarsi a guardare e bisognava osservare il cuore pulsante di Parigi. Purtroppo però quello non era il suo appartamento.

Naturalmente, trattandosi di un romanzo che ha come riferimento la pittura impressionista, non potevano mancare citazioni di luoghi come il Musée d’Orsay e il giardino di Monet a Giverny, a circa una settantina di chilometri dalla città.

Mi raccomando, se siete in visita nella capitale francese e dintorni, sono due luoghi che non dovete assolutamente perdere. Sono fondamentali per cogliere a fondo uno dei periodi e delle espressioni artistiche più squisitamente francesi.

Altri musei si visitano per scoprire qualcosa. A volte anche per imparare. Non il D’Orsay. Qui si viene per ritrovare ciò che si conosce già. Da qualunque paese si arrivi, si rincontrano vecchi amici.La Ballerina di 14 anni di Degas, Il ballo in campagna e Il ballo in città di Renoir, La Camera di Vincent ad Arles di Van Gogh. Sembra di condividere ricordi comuni.

Il tema dell’abbandono in sottofondo

Nonostante il tono leggero e speranzoso, il romanzo affronta un tema serio, con un approccio dolce, in fondo anche giocoso, ma non per questo meno profondo. La storia del bambino abbandonato dal padre e quella del padre, che per colpa delle convenzioni sociali (fortunatamente oggi in parte superate) si trova costretto a delle “scelte terribili”, vengono affrontate con poesia e delicatezza senza cedere, come temevo, ad una narrazione scontata. Lo stile della Vermalle è molto gradevole, ingenuo e tenero, come talvolta anche la vita sa essere.

Vi piacerà senz’altro se, come me, avete adorato” Il favoloso mondo di Amélie”. Si tratta di un romanzo che riflette sull’importanza di godere dei momenti che la vita ci offre, di tutti quei minuscoli attimi che ci avvicinano, un millimetro alla volta, alla nostra felicità.

“Mademoiselle” esordì con un sorrisetto malizioso, “ se chiedesse a qualcuno, una persona qualunque, cosa desidera nella vita, secondo lei cosa risponderebbe? Pétronille ricordò il giorno in ho aveva accompagnato Dorothée nell’appartamento di Frédéric “Felicità, credo, e ricchezza”. Esattamente. Tutti noi attraversiamo la vita desiderando di essere felici. E non da ieri, ne parlavano già i filosofi greci. Gli uomini sono fatti così, in ogni parte del mondo. Sono tutti uguali, non è vero? Pétronille annuì. “Se invece io ora le dicessi: Mademoiselle, ha giocato sei numeri al lotto, ed ha vinto, è molto più ricca di quanto avesse mai sognato. Ora che dispone dei mezzi necessari, deve solo decidere come cambiare la sua vita per essere felice. Cosa farebbe? Mmm… devo pensarci. Forse mi comprerei qualcosa, per esempio…”. “Vede!” esclamò l’uomo con voce trionfante. “Deve pensare a cosa la renderebbe davvero felice. E se dicessi al suo vicino che ha vinto al Lotto eccetera, anche lui dovrebbe pensarci. E crede che userebbe i soldi nello stesso modo in cui lo userebbe lei? “Quasi sicuramente no”. “É questo il punto. Tutti gli uomini desiderano la felicità, ma la felicità non è uguale per tutti, capisce cosa voglio dire?”.

Vi consiglio di dedicare qualche ora alla “Felicità delle piccole cose” (si legge in un pomeriggio) se siete in partenza per Parigi o, semplicemente, se avete voglia di  riviverne l’incanto, viaggiando con la fantasia, in compagnia di un buon libro.

Arrivederci alla prossima città!


Scheda del libro:
Titolo: “La felicità delle piccole cose”
Titolo originale: Und wenn es die Chance deines Lebens ist*
Autore: Caroline Vermalle
Anno di pubblicazione: 2014
Lingua originale: francese
Edizione nella foto: Economica Universale Feltrinelli (versione e-book)
Genere: narrativa, romanzo rosa
Consigliato: sì

*Dato che non capivo perché un libro scritto in francese potesse avere un titolo tedesco, ho fatto qualche ricerca. Vi lascio il link di un’intervista rilasciata dall’autrice, in cui viene spiegato il motivo di tale scelta:

http://www.sulromanzo.it/blog/la-felicita-delle-piccole-cose-di-caroline-vermalle-a-proposito-di-bigne-e-altro

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